In questi mesi di emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Coronavirus ed in considerazione del fermo obbligatorio e prolungato di gran parte delle attività, è possibile sospendere il pagamento del canone di locazione? Quali strumenti hanno a disposizione le parti per affrontare questa fase drammatica, imprevedibile ma pur sempre temporanea?
Per rispondere a tali quesiti, in assenza di precedenti giurisprudenziali e di specifici approfondimenti normativi, non si può far altro che far riferimento al testo del decreto legge n. 18/2020 (il c.d. Cura Italia) ed alle varie interpretazioni che di esso sono già state date dai professionisti del settore, esaminando la questione tanto dal punto di vista del conduttore, quanto dal punto di vista del locatore, sia in ambito commerciale che abitativo.
In tema di locazioni commerciali, si rileva come la tutela del conduttore vada ricercata nella sopravvenuta impossibilità della prestazione, in quanto egli, per responsabilità a lui non imputabili, non può più utilizzare l’immobile per la ragione per cui lo aveva affittato: infatti, se da un lato è vero che il conduttore continua ad avere la disponibilità del bene, dall’altro occorre rilevare il venir meno della possibilità di realizzare lo scopo perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto di locazione.
In ragione di tale impossibilità sopravvenuta, molti conduttori commerciali si stanno dunque interrogando se è per loro possibile sospendere il pagamento dei canoni di locazione relativi al periodo in cui permarranno le limitazioni di cui alla citata decretazione d’urgenza.
Sul punto, si rileva che, pur non essendo previsto alcun diritto alla sospensione o alla riduzione del canone di locazione, l’art. 65 del decreto Legge 18/2020 riconosce, in favore dei conduttori commerciali di alcune categorie di immobili (con previsione di estensione ad una sempre più ampia tipologia di immobili ad uso non abitativo), un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo; credito che, dunque, potrà essere posto in compensazione solo se il canone sarà stato pagato, in quanto la norma intende ristorare quei conduttori che abbiano versato il canone nonostante la propria attività sia stata obbligatoriamente sospesa.
Alla luce di quanto sopra esposto ma invertendo il punto di vista sull’argomento, si segnala che il locatore che si trovi costretto a fronteggiare l’arbitraria decisione del conduttore di sospendere il pagamento dei canoni sarà senz’altro legittimato a tutelare giudizialmente i propri interessi non appena gli uffici giudiziari riattiveranno l’ordinario svolgimento delle attività.
Per quanto attiene, invece, alle locazioni ad uso abitativo, ribadendo come il decreto Cura Italia non preveda strumenti legislativi straordinari per fronteggiare le difficoltà economiche dettate dall’attuale emergenza sanitaria, si rileva come l’unico riferimento normativo sia dato dall’art. 1467del codice civile, secondo cui, in caso di un evento straordinario e imprevedibile (la cosiddetta causa di forza maggiore), se il pagamento del canone diventa eccessivamente oneroso, chi non riesce più a pagarlo può chiedere la risoluzione del contratto (ovviamente fornendo prova delle ragioni della propria difficoltà).
In conclusione, mancando ancora disposizioni normative certe in questa fase, è tuttavia consigliabile che le parti, al fine di contemperare le contrapposte esigenze, diano avvio ad un confronto responsabile, cercando di evitare il recesso del contratto con il raggiungimento di accordi che contemplino la rinegoziazione del canone di locazione o larimodulazione delle scadenze di pagamento, in attesa che l’attuale situazione emergenziale finisca o, quantomeno, si attenui.